domenica 3 ottobre 2010

L'autunno dell'occidente

E' da un po' di tempo che non scrivo più sul blog. Più volte ho iniziato un pezzo, quando una notizia riaccendeva la mia vena polemica. Però ogni volta mi fermavo come sopraffatto da un senso di inutilità. La domanda che mi facevo era sempre la stessa: val la pena perdere tempo a scrivere il proprio rancore per una società gretta e meschina, se dall'altra parte c'è un pubblico muto a cui non frega niente di come stanno andando le cose?
No, non ne vale la pena.

Però scrivo lo stesso. Perché penso sia giusto così, perché è un modo personale per opporsi ad un sistema che ci sta portando lentamente al declino.

Non è facile dire cosa sta succedendo in questi anni in Italia e in generale nel mondo occidentale. Si può parlare di crisi economica, però ritengo sia riduttivo.
Piuttosto si tratta, a mio avviso, del declino sociale, razionalmente previsto da Marx, conseguente al modello di società fondata sul capitalismo.

Per carità non voglio essere tacciato di comunismo, anche perché essere contro il capitalismo non vuol dire essere comunista (come pure, per inciso, essere contro Berlusconi non vuol dire essere comunista o toga rossa, anche se lui vuole farci credere che è così!)

Probabilmente direte che sono l'ennesimo catastrofista e che in un momento così critico non bisogna lasciarsi andare al pessimismo. E' vero, però non dimentichiamo che non bisogna neppure essere così stupidamente ottimisti da chiudere gli occhi e cadere giù per il baratro con il sorriso deficiente sulle labbra. Beh i nostri politici ci spingono a fare proprio così.

Cerco dunque di fare un po' di chiarezza anche a rischio di sembrare ingenuo (a volte le cose si rendono complicate per confonderle)

Il fondamento della società capitalistica è il capitale e il profitto che ne deriva, ottenuto dalla compravendita di beni e servizi.
Tutto questo ha luogo nel "mercato", ossia un luogo virtuale nel quale si stabiliscono i prezzi di beni e servizi che vengono prodotti e consumati.

Attorno al mercato ruotano imprese e persone. Le imprese immettono beni e servizi sul mercato e le persone li comprano e li consumano. La compravendità si fa in base ad un prezzo che è determinato dalla cosiddetta legge della domanda e dell'offerta. Ossia se un bene o servizio è molto richiesto, il suo prezzo aumenterà, perché è difficile reperirlo sul mercato, e viceversa.

Che cosa sono i beni e servizi? I beni non sono altro che materie prime trasformate dal lavoro dell'uomo, i servizi attività lavorative condotte da uomini al servizio di altri uomini. Tutto quindi si riconduce al consumo di beni naturali e al lavoro dell'uomo.

Gli uomini forniscono il proprio lavoro, e in cambio ricevono un salario, con il quale possono acquistare beni e servizi per se e per la propria famiglia.

E' automatico che, con lo sviluppo del modello capitalistico, nascono delle classi sociali in funzione del ruolo di ciscun individuo. Semplificando le catalogherei in tre gruppi:
- lavoratori che ricavano la loro ricchezza dal lavoro
- imprenditori che ricavano la ricchezza dal profitto dell'azienda
- politici che come dirò più avanti hanno il compito di preservare gli equilibri sociali
In realtà le differenze non sono così marcate perché per esempio un lavoratore può investire del denaro in azioni e quindi essere anche, in qualche misura, imprenditore

Per il momento, avrete notato, non parlo della finanza perché, come vedrete più avanti, è soltanto una realtà parallela e virtuale che quasi sempre ha effetti negativi sulla società.

Il modello sociale così descritto funziona fintantoché si continua a produrre e consumare a ritmo costante o, meglio ancora, crescente.
Tutto però dipende da una serie di equilibri molto delicati tra le classi sociali e le forze che le animano, in particolare il desiderio di potere e ricchezza connaturato nello spirito umano.
Questo aspetto, a mio avviso è stato sottovalutato da Marx, nella definizione del suo modello sociale utopistico (ecco, così non posso essere tacciato di comunismo :))

Il desiderio di potere e ricchezza, che chiamerò desiderio di profitto, è il motore che spinge e anima questa società, che ha permesso l'enorme sviluppo tecnologico dell'ultimo secolo e che ha decretato il successo in tutto il mondo del modello capitalistico stesso.

Il desiderio di profitto è anche alla base della cosiddetta crescita continua, ossia di quella corsa sfrenata a produrre e consumare sempre più beni e servizi, in un'orgia comunemente chiamata consumismo.
Si perché il profitto non è altro che il guadagno che ogni impresa ottiene dalla vendita di un bene o servizio. Questo guadagno, come mi insegnavano alle elementari, è pari al ricavo (o fatturato, come dicono i ragionieri) da cui sono state tolte le spese. Insomma è la ricchezza che mette in tasca l'imprenditore (in senso lato). E' chiaro che più alta è la produzione e maggiore è il profitto. Ecco perché gli economisti ripetono fino all'ossessione che c'è bisogno di crescita. Se non c'è crescita siamo già nei guai, in "stagnazione". Se poi i consumi si riducono apriti cielo, siamo in "recessione". Oggi, per capirci, siamo in profonda recessione.

Fin qui tutto bene direte. Beh non è proprio così. Come vi ho detto il modello si regge su equilibri molto delicati: è come camminare sul crinale di un monte, basta un passo falso e si cade nel baratro.

La prima cosa che squilibra il modello, pare strano a dirsi, è il progresso tecnologico e la sempre più diffusa meccanizzazione dei lavori. Infatti sin dall'inizio, nel lontano Ottocento, l'avvento di macchine in grado di fare i lavori più pesanti, invece di migliorare la vita dell'uomo, ha ingenerato disoccupazione.
L'imprenditore approfitta delle macchine non tanto per ridurre la quantità di lavoro richiesta al lavoratore a parità di salario, quanto per licenziarlo e, così facendo, incrementare i profitti (ricordate sempre la definizione di profitto). Una macchina costa sempre meno di un essere umano
Ma, se nell'immediato, l'imprenditore si arricchisce, nel lungo periodo si va incontro allo squilibrio e alla crisi sociale. Infatti meno lavoratori ci sono e meno salario si eroga; meno salario vuol dire meno consumo; meno consumo vuol dire meno produzione e quindi le aziende stesse che chiudono e gli imprenditori che falliscono. Si parla di crisi di sovrapproduzione.
Come avrete sicuramente notato, il punto nevralgico del modello capitalistico è la natura duplice della maggioranza delle persone che sono lavoratori e consumatori.

Questo fenomeno si è già verificato nel passato. Anzi è bastato molto meno, ad esempio un improvviso rallentamento dei consumi, per innescare la spirale sopra citata. E' il caso della crisi del 1929.

Come si è usciti dalla crisi? Creando un insieme di servizi e burocrazia, cioè di lavoro, al solo scopo di erogare salari per poter spingere i consumi. Badate che ci sono voluti decenni per uscire dalla crisi e lo stato - i politici - dovette intervenire in maniera pesante. Un economista dell'epoca disse che per uscire dalla crisi bisognava che la gente scavasse buche e poi le riempisse. Più tardi venne tacciato di socialismo.

La lezione della crisi del 1929 dunque è che non si può lasciare il capitalismo privo di regole. E' necessario avere degli organi di controllo che modulino la crescita e impediscano il sorgere della prossima crisi o almeno ne mitighi gli effetti. Si perché illustri economisti sostengono che le crisi sono cicliche e avverranno sempre.
In conclusione l'assenza di regole del cosiddetto liberismo selvaggio è stato l'errore di quella crisi.

Ma, come sappiamo, la storia raramente insegna qualcosa e soprattutto il desiderio di profitto ottenebra le menti e i mass media, che sono la voce della società.

Il seguito al prossimo post
Ciao a tutti!

P.S. I ccommenti sono bene accetti

giovedì 10 giugno 2010

Crisi economica: farsa in tre atti

E' di questi giorni la notizia che forse anche l'Ungheria, dopo la Grecia, rischia di andare in default. E poi i mercati si chiedono quale altro paese è a rischio di default.
La crisi, se avete notato ha un andamento a scalini, a colpi di scena.
Settembre 2008: la gente si sveglia un bel giorno e scopre che le banche sono a rischio collasso perché hanno concesso denaro a persone/aziende che molto probabilmente non sono in grado di restituirlo (i famosi sub-prime);
Febbraio 2009: "sorprendentemente" e nonostante le rassicurazioni di tutti i capi di stato, la crisi comincia ad aggredire le aziende e l'economia reale... davvero imprevedibile!
Fine 2009: la crisi non finisce come annunciato da tutti praticamente il giorno dopo lo scandalo Lehman Brothers. Qualcuno, più spudorato di altri (leggi Silvio B), dice che la ripresa c'è in Italia e che a breve sarà possibile ridurre le tasse. Però lo dice in modo nebuloso, perché si rende conto che neanche un drogato vicino all'overdose crederebbe ad una stronzata del genere; si rende conto che la situazione è grave e che molte aziende sono sull'orlo del fallimento. Alcune, più furbescamente, sfruttano lo spauracchio crisi per ridurre il proprio organico senza colpo ferire.
Infine maggio 2010 altro colpo di scena, "impossibile" da prevedere: la Grecia ha falsificato i propri bilanci, in realtà è sull'orlo del collasso economico. Toh guarda. Centinaia di economisti si sono fatti prendere in giro e ti guardano con occhi sgranati? E poi l'Ungheria e forse anche i PIGS andranno in default.

La gente come ha reagito a tutto questo susseguirsi di notizie? Ha bevuto la storia senza nemmeno battere ciglio!
Si perché si tratta di una favola. Non dico la crisi economica... quella è reale purtroppo. Dico la dinamica degli eventi, è un'enorme favola!
E' una favola che prima di settembre 2008 tutto andasse bene. Basta guardare i trend economici.
E' una favola che nessuno potesse prevedere la crisi dei sub prime.
E' stato un crimine aver sostenuto che la crisi sarebbe stata solo finanziaria.
E' stato ancora più criminoso sostenere fino a qualche settimana fa che ci fossero segnali di ripresa e che, per esempio una manovra aggiuntiva di correzione dei conti non fosse prevista dalla finanziaria.

Perché è vero che una menzogna a volte è necessaria per non creare allarmismi, però non è e non è stato etico mentire sistematicamente alla popolazione per nascondere gli errori commessi nel passato da una classe politica incapace e dalle lobby avide di denaro.

In Italia la favola va avanti da molto più tempo perché da noi il declino economico è in atto dagli anni 70. Non è facile prendere per in giro una popolazione però i nostri telegiornali, che sono l'unico mezzo, per la maggioranza degli italiani, di apprendere cosa ci succede, lo fanno con molto impegno e ottimi risultati.
Faccio una parentesi: i telegiornali italiani sono l'espressione più ributtante del modello sociale berlusconiano.
Le regole sono semplici:
1) non raccontare le cose scomode. Distrai il pubblico con altre notizie
2) se proprio non puoi non raccontare, allora ometti, distorci un particolare, minimizza, falsifica di quel tanto che non sembra poi così assurdo
Il migliore di tutti i telegiornali, sotto questo profilo, è Studio Aperto: si comincia brevemente con la politica raccontata come se fosse il reality del Grande Fratello. Poi si spazia nella cronaca nera più feroce, che si dovrebbe mettere il bollino rosso perché la notizia più normale è la madre che sgozza il figlio a colpi di mannaia o viceversa. Si continua con la cronaca rosa, che è molto importante, e magari si cade un po' sul porno soft con qualche culo o qualche tetta e infine si termina con una bella scorpacciata di curiosità dal mondo prese da youtube o altri siti, conditi da qualche episodio tipo libro cuore, con il solito cagnolino che salva il padrone trotterellando per chilometri. Ah dimenticavo tre o quattro servizi sul tempo, che siamo tutti agricoltori e quindi non si può non sapere queste cose, e poi rubriche di enogastronomia.
Temi scottanti? Macché, non fanno audience. Educazione civica? No! la gente non deve pensare a queste cose, le fa riflettere troppo e poi si fanno venire in testa strane idee. E la funzione sociale dell'informazione? Concetto superato. La gente non guarda la televisione per imparare, per formarsi una coscienza critica; la gente guarda la tv per divertirsi e per rincoglionire.

Bene torniamo a noi.
Premetto che non sono un economista e quindi il mio discorso potrebbe risultare un po naif. Però siccome emeriti economisti hanno preso o hanno voluto prendere dei granchi enormi, penso che quanto dirò forse è più sensato della solita tiritera che va tutto bene e che la crisi non era prevedibile.

Il modello sociale occidentale, cioè quell'insieme di regole su cui si basa la vita "civile" delle popolazioni, è il cosiddetto modello capitalistico.
Secondo il modello capitalistico la società ossia l'insieme delle persone, vive in un grande mercato dove vi sono aziende che producono beni e c'è gente che li compra e consuma.
La gente guadagna denaro lavorando per conto delle aziende e lo spende per acquistare beni.
Le aziende "sfruttano" il lavoro della gente e hanno come scopo massimizzare il profitto ossia il guadagno che viene dalla vendita dei beni dopo aver pagato tutte le spese.
Le aziende, in un mercato perfetto, sono in perenne concorrenza, ovvero si combattono una contro l'altra. Un'azienda viene sconfitta quando non fa più profitto.
Si tratta della trasposizione delle guerre del passato, fatte per la conquista di ricchezze, in un contesto solo apparentemente meno cruento.

Come fa un'azienda a fare profitto? Aumentando i prezzi di vendita, per esempio, oppure riducendo i costi di produzione, o aumentando i volumi di vendita.
L'aumento dei prezzi è difficile da sostenere in un mercato in concorrenza perfetta: se un'azienda lo fa, il suo volume di vendite diminuisce drasticamente perché la gente è propensa a prendere il prodotto più economico, a parità di qualità. Quindi i prezzi dei beni dovrebbero teoricamente diminuire.
Allora il profitto si fa diminuendo i costi di produzione. Come? In un mercato perfetto migliorando la tecnologia di produzione in senso lato.

Alla fine il modello capitalistico ideale incentiva lo sviluppo economico e migliora la condizione sociale. Questo ha fatto si che qualche economista del passato sostenesse che il modello capitalistico era il migliore modello sociale e che andava mantenuto libero dalle regole e imposizioni degli stati.

Fin qui l'idealità, l'utopia.
La realtà è che la concorrenza perfetta non esiste. Vi sono gruppi di aziende che si mettono d'accordo per fissare i prezzi di vendita dei beni.
Neppure il miglioramento tecnologico che porta alla riduzione dei costi è sempre vero: la riduzione dei costi spesso si fa sfruttando la manodopera della gente fino alla schiavitù.
Quindi la realtà del modello capitalistico è lo sfruttamento del cosiddetto proletariato, ossia della classe sociale più povera.

Tutto quello che dico è l'abc dell'economia, provato dai fatti. Basta guardare a come vivevano i bambini a inizio dell'ottocento.

La conclusione è che un mercato libero porta necessariamente alla disparità di classe che a sua volta porta necessariamente ad una crisi economica e sociale più o meno violenta. Infatti una società di poveri sempre più poveri (leggi gente disoccupata, precaria e sfruttata) e ricchi sempre più ricchi (leggi imprenditori rampanti, furbetti del quartiere, cricche etc) è destinata a disgregarsi e collassare in modo violento.

E' qui che interviene lo stato, ossia un insieme di persone incaricate dalla gente, mediante elezioni democratiche, a governare una nazione. Il compito principale dello stato è di redistribuire le ricchezze che si accumulano nelle mani di poche persone.
Quindi lo stato, attraverso il meccanismo delle tasse, preleva del denaro specialmente dai più ricchi, e fornisce dei servizi specialmente ai più poveri.
In più, mediante le leggi, garantisce la cosiddetta equità sociale, sia sotto il profilo economico, che legale

Belle parole eh? Soprattutto se guardiamo a cosa succede oggi. E' facile identificare i mali della società contemporanea. Non per i nostri politici che hanno due punti di riferimento: la poltrona e la tangente. Allora cosa bisogna fare per uscire dalla crisi?
- Lo stato deve riprendere un ruolo di controllo e di garante del rispetto delle regole. La parola deregulation va bandita
- Lo stato deve redistribuire le ricchezze tassando in modo equo
- Lo stato deve fornire servizi sociali. La privatizzazione dei servizi è una sconfitta e una dimostrazione del fallimento di una classe politica
- Lo stato deve combattere l'evasione fiscale perché crea disparità sociale
- Lo stato deve ostacolare lo strapotere delle banche e delle lobby di potere eliminando le corporazioni
- Lo stato deve garantire che la giustizia sia giusta e non al servizio dei potenti
- Lo stato deve nazionalizzare i settori economici chiave del paese. Privatizzare l'ENEL, le FFSS o le Autostrade è stato un errore madornale
- Lo stato deve attuare politiche di sviluppo demografico e a favore della famiglia
. Lo stato deve puntare sull'istruzione dei giovani e sull'educazione civica

Avremo modo di continuare questo argomento in un prossimo post, spero non così lungo

Ciao

sabato 17 aprile 2010

Il potere dell'informazione

Ben ritrovati a tutti! Probabilmente pensavate che fossi scomparso dalla circolazione... e in effetti in questo periodo sono stato parecchio occupato: primo perché sono divventato papà di un frugoletto di figlioletta il 12 di dicembre dello scorso anno. Poi perché per motivi di lavoro mi sono dovuto trasferire a Bruxelles. Insomma in 5 mesi mi è cambiata la vita.
Non è cambiata però la mia disillusione sulla classe politica che ci governa (tutta). Queste persone possiedono gran parte della stampa e la totalità delle televisioni per cui di fatto decidono cosa noi dobbiamo sapere e cosa no; cosa dobbiamo pensare e cosa no.
Si, perché non è vero che abbiamo la nostra testolina per pensare, è pura illusione! Se le informazioni che noi riceviamo sono sistematicamente manipolate e se la televisione ripete in modo ossessivo una falsità, alla fine non possiamo resistere e finiamo per cedere e credere che quanto detto sia effettivamente reale.
Toglietevi dalla testa che voi siete intelligenti, che avete spirito critico, che siete sufficientemente smaliziati.
Quelli che fanno televisione sono dei professionisti. Sono maestri di comunicazione. Riuscirebbero a farti mangiare una suola di scarpe facendoti credere che è filetto di chianina.
Quindi la prima regola da tenere in testa è che la televisione ha un potere di persuasione enorme
Uno scienziato dice che il nucleare è sicuro, un giornalista dice che non lo è: secondo voi a chi crederà la gente? Allo scienziato più preparato tecnicamente ma meno abile nella comunicazione o al giornalista?
La controprova che quanto dico è ben noto al nostro caro Presidente Silvio B., viene dalle recenti elezioni.
La RAI decide di sospendere i programmi di informazione politica. Perché? Perché alcuni sono di parte. E allora? si potrebbe rispondere. Gli italiani sono intelligenti e hanno una loro opinione ben salda che non si lascia influenzare da quattro giornalisti faziosi, no? Falso. Silvio B. sa bene che la gente è facilmente manipolabile per cui teme l'effetto di un Santoro o di un Travaglio. Preferisce far sospendere le trasmissioni come Annozero o Ballarò... scusate è stato il CDA della RAI, Silvio B. non c'entra nulla, lui è fuori dalle logiche RAI.
Bene l'ultimo giorno prima delle elezioni cosa ti fa Rai Uno? Ti manda in onda uno splendido Silvio B. inervistato da una giornalista impeccabilmente elegante. Direte voi che è normale. Beh se l'avete visto non direi proprio.
Berlusconi sorride, a destra ha il suo simbolo, la luce è soffusa e i contorni del suo volto sono sfocati, così non si vedono le rughe o peggio il cerone. E' perennemente sorridente con denti luccicanti, le mani sono ben curate e appoggiate su un tavolo pieno di libri impilati perfettamente. Le domande? Casuali? No! Concordate, studiate a tavolino per permettere al presidente di ribadire che la campagna elettorale è stata brutta per colpa dei giudici e della sinistra che semina odio. Ricordate che la campagna elettorale non c'è stata per volere del CDA Rai....
Bersani invece? Scapigliato a parlare a quelli della Fiat. Nessuna domanda concordata. E poi il ritornello continuo che la sinistra non ha idee e che la sinistra semina l'odio. Anche se in realtà non è vero (e non sono di sinistra) questo è quello che la televisione ripete. Sappiate che fintantoché Berlusconi sarà al potere, la sinistra non avrà idee, sarà disorganizzata, e sarà il partito dell'odio. Non importa che sia effettivamente così, l'importante è che lo dica la televisione.
Ultimo appunto: la pubblicità che spiegava le elezioni regionali. Il tema dello spot non è nero, bianco, giallo, rosso o verde; è azzurro. Vi dice niente?

Ricordate: di la dello schermo ci sono dei professionisti della comunicazione, che curano tutti i dettagli. Sarebbero capaci di convincervi che Gesù è morto nel sonno!

A la prossima



E di fronte alla televisione tutti si devono inchinare; anche il papà, se un giornale o una televisione monta uno scandalo, deve affrettarsi per difendersi e ribattere (non discuto sui casi di pedofilia perché mi viene il ribrezzo se penso alle giustificazioni addotte dai prelati)

martedì 8 dicembre 2009

Chimica e ambiente

Tempo fa su un programma di Alberto Angela mostravano come sarebbe un mondo senza chimica, ossia senza inquinamento secondo il pregiudizio comune: in pratica un balzo indietro di 200 anni.
E' chiaro che nessuno desidera vivere in un mondo senza chimica (no TV, no computer, no vestiti a basso costo, no auto, pochi farmaci , no acqua calda corrente, poca energia elettrica etc.), per cui la chimica non sparirà dalla faccia della terra. Allora quale scelta ha la cosiddetta società "civile" occidentale?
1) Chimica si ma non vicino a me (sindroeme di NIMBY). E' l'atteggiamento più spregevole e guarda caso quello più difuso. La chimica pericolosa si fa in Cina perché li, anche se c'è un incidente, non frega niente a nessuno. Bophal non ha insegnato nulla.
2) Chimica si ma pulita. Atteggiamento più responsabile. Ma c'è un però. Si perché al di la dei messaggi etici sulla convenienza di essere puliti, la verità è che bisogna competere sul mercato. Il che vuol dire ridurre i costi perché i prodotti provenienti dai paesi emergenti sono troppo convenienti e appetibili all'utilizzatore finale. E allora che fare? La chimica, quella più pericolosa va tolta dalla logica di mercato perché il bene che può fare è per tutta l'umanità e il male che può fare ricade anch'esso su tutta l'umanità.
Non possiamo lasciare il destino dell'uomo in mano a persone che hanno come unico obiettivo il profitto.

mercoledì 2 dicembre 2009

Fede e Scienza

Qualche settimana fa ho visto su La7 un servizio che parlava del processo a Galileo e del rogo di Giordano Bruno... a parte che era fatto molto bene, mi ha riportato alla mente ricordi del liceo, tanti anni fa.
E subito dopo il pensiero si è spostato ad oggi... alla Chiesa di oggi. Non è cambiata per niente...
Ai tempi di Galileo era molto più radicata tra la gente, e la Scienza purtroppo agli albori. Quindi la reazione da parte della prima molto più violenta. La Scienza predicava il falso, era contro la dottrina, chi la praticava era un eretico e meritava il carcere o la pena di morte per rogo. I prelati si rifiutavano di guardare attraverso il cannocchiale di Galileo perché rischiavano di vedere il demonio.
Oggi non è più possibile sostenere una posizione del genere per cui qual'è la posizione del papa? Che gli scienziati di un tempo erano brave persone, che cercavano di scoprire la verità del disegno di Dio. Oggi gli scienziati sono presuntuosi, perché si vogliono sostituire a Dio. Il riferimento è alla ricerca sulle cellule staminali e sulla comprensione dei meccanismi alla base della vita. Gli scienziati, se non sono guidati dalla fede, non potranno raggiungere la verità.
Questo a mio avviso è un'argomentazione subdola che mira a sottomettere la scienza alla fede.
La scienza è uno strumento per comprendere il mondo che ci circonda e noi stessi.
La scienza non è ne' buona ne' cattiva, come non lo è una forbice. Può essere usata a fin di bene come una forbice può essere usata per fare un lavoro utile. Può essere usata a fin di male come la forbice può essere usata a fin di male.
Scienza e Fede sono complementari. La Scienza descrive e spiega quanto è oggetto di esperienza, cioè la realtà sensibile. La fede rivela irrazionalmente quello che non è esperibile, cioè l'aldilà.
Non dimentichiamolo!

venerdì 20 novembre 2009

Quo usque tandem abutere...

"Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?" ossia "Fino a che punto, Catilina, abuserai della nostra pazienza?" Questo è l'inizio del discorso che Cicerone tiene in senato contro Catilina, ritenuto colpevole del tentato colpo di stato contro la Repubblica Romana.
Sembra che Catilina, a metà del formidabile discorso, resosi pienamente conto dei delitti commessi, se ne sia andato spontanemante per non far più ritorno a Roma.
A volte rimpiango che in quest'epoca non ci sia un Cicerone in grado di tenere un discorso simile alla nostra classe politica...
Ogni volta mi dico che si è raggiunto il limite, che un politico non può scendere più in basso, e ogni volta mi devo ricredere: collusioni con la mafia, sesso a pagamento sia con escort che con trans, corruzione, abuso di potere, bustarelle a giudici, falso in atti pubblici , tanto per citare le cose se vogliamo anche più banali.
I politici sono dei bravi sofisti, usano la parola come un gas velenoso che ti ottunde i sensi: se dici queste cose sei tacciato di demagogia o di qualunquismo. Ragionate! Con questa scusa nessuno può più stracciarsi le vesti e gridare che è l'ora di finirla... cadrebbe nella banalità. Cazzate! Io voglio fare un discorso qualunquista perché non sono io ad essere qualunquista, sono loro ad essere corrotti.
Per cui voglio partire da un fatto altamente retorico, altamente qualunquista secondo i nostri benemeriti che ci governano: la battaglia di El Alamein, di cui ricoreva l'anniversario qualche giorno fa.
Penso a tutti quei ragazzi nel deserto, affamati, feriti, disperati perché sanno che non ci sarà domani e sono circondati dai nemici. Cosa si saranno detti per farsi forza? Forse che erano degli eroi, ma eroi di che patria? Oggi? Un pensiero sarà corso alla fidanzata, alla moglie, al figlio o alla figlia che non avrebbero visto più, ai propri genitori che non dovrebbero mai piangere la morte di un figlio... E poi? Poi l'ultimo sforzo, una raffica, pezzi di carne che si staccano a brandelli, un grido che muore in gola...un'offerta all'altare della Patria...
Tenete bene a mente queste immagini e tornate ai giorni nostri.
Un rappresentante dello Stato, della Patria, secondo voi, ha diritto a delinquere e magari a restare seduto a governare un paese per cui tanti sono morti? E' giusto secondo voi che abbia i vizi come e più di una persona comune? Che sia trattato come un nobile prima della rivoluzione?
No! Un politico ricopre un ruolo troppo importante, troppo sacro. Quando li sento disquisire sul diritto all'auto blu, al barbiere in senato, ai cuochi che hanno seguito il corso al Gambero Rosso, mi viene il volta stomaco. I soldati di El Alamein se vedessero l'Italia di oggi, si direbbero che alla fine è stata sconfitta dal nemico, cioè dall'ipocrisia di discorsi che tendono a giustificare tutto, anche il marcio che ci circonda; dall'informazione di regime che ci ammorba il cervello con mezze verità e mezze bugie; da un modello sociale che ci porterà all'auto distruzione... Quo usque tandem abutere.... Fino a che punto la classe politica abuserà della pazienza di noi italiani?

martedì 27 ottobre 2009

La nostra classe politica

Un politico deve essere un bravo comunicatore.
Ce ne siamo resi conto bene in questi anni. Berlusconi è un maestro di comunicazione e infatti è anche, a detta sua, il migliore politico degli ultimi 150 anni.
Non è importante quello che un politico fa. Anzi meno fa e meno rischia di sbagliare e perdere voti. L'importante è parlare bene.
E' spassoso vedere tutti questi personaggi che, di fronte alle telecamere, sfoggiano sorrisi a destra e a manca, hanno vestiti impeccabili, si arrabbiano quando torna loro conto (si! si incazzano a comando, con frasi ad effetto, perché così fa figo!). Dico spassoso perché a incazzarsi ci si prende un coccolone e quindi è meglio prenderla con calma.
E poi... lo avete notato nelle interviste che rilasciano? Tutti, dico tutti, usano un fraseggio fatto con lo stampino. Le parole più gettonate:
- Concreto
- Assolutamente (assolutamente si, assolutamente no...)
- Trasparenza
- E questo che vogliono gli elettori (a me nessuno è mai venuto a chiedere cosa voglio)
- Coesione
e altre che non cito perché le ho rimosse dal cervello (altrimenti mi viene l'eritema)
Belle parole ma poi quali sono i concetti che i politici esprimono? Per il 70% dei casi sono concetti scontati. Se per esempio si parla di mafia qual'è la risposta: "Bisogna usare tutti i mezzi per debellare le associazioni mafiose, di qualsiasi tipo. Lo stato non è disposto a scendere a patti con i mafiosi!" Frasi scontate. Cosa ti aspetti? Che dica che lo stato firmerà un accordo con la mafia? Che si spartiscono 50-50 gli appalti? Ma dai!
L'importante è ripetere, come una formula magica, "concreto", "assolutamente si", "coesione"...
L'altro 30% sono le manovre creative, le ronde che nessuno fa (te lo immagini alle 9 di sera Mario che dice a sua moglie Luisa e a sua figlia Anna: cara stasera non fanno niente di bello alla TV; vado a fare un giro così mi becco tre o quattro legnate dallo spacciatore di turno mentre tento di comporre il numero dei carabinieri?), lo scudo fiscale, il terremoto d'Abruzzo, le norme per ampliare la casa, i rifiuti di Napoli, la magistratura rossa, il nucleare e così via.
Io credo che il popolo italiano meriti di essere trattato un po' meglio, un po' più da grande. Non si rischia nulla a dire alla gente le cose come stanno, il debito a quanto ammonta, le prospettive di fine della crisi, quanto spende la pubblica amministrazione. Se una nave sta andando verso il baratro non cambia nulla se alla ciurma si dice che il porto è vicino. Tanto se ne accorgerà presto che è tutta una balla.
Ciao alla prossima